Il Jewish Museum di Miami-FIU presenta le Walking Canvas di Daniel Chimowitz, un vulcanico mosaico di influenze inglesi, basche, giapponesi ed ebraiche.

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Prima esposizione museale per Daniel Chimowitz, mix media artist e fashion designer dal talento vulcanico che combina arte ( ha realizzato graffiti per sette anni ) e fashion. L’esposizione ha aperto i battenti il 3 ottobre al Jewish Museum of Florida-FIU a Miami Beach e rimarrà aperta fino al 3 febbraio 2019. Per tutti coloro che già conoscono le potenzialità di Daniel non potranno che ammirare il superamento dei suoi limiti, per chi invece ancora non conosce il suo eclettismo artistico potranno rendersi conto della sua audacia varcando il portone d’ingresso e rimanendo a bocca aperta nel vedere il gigantesco abito ebraico (utilizzato per occasioni particolari) appeso al soffitto come fosse un gesto di devozione verso l’intera collezione, cui il museo e la storia che racconta fanno meravigliosamente da cornice. 

Il titolo dell’esposizione è Walking Canvas, Tele da passeggio, un titolo incisivo che consente di mettere a fuoco il lavoro di Daniel ed entrare nel suo mondo, colorato, in cui immagini, serigrafie e silkscreen sono dipinti a mano in modo unico ed esclusivo su capi  di fabbricazione propria o riciclati. 

Nato a Londra nel 1976, di origine ebraica, Daniel Chimowitz ha vissuto a San Francisco nell’emblematico quartiere Castro conosciuto come l’originale quartiere della popolosa e attiva comunità LGBTQIA che si è fatta paladina dei diritti civili della comunità a livello mondiale.

Nasce e cresce sotto l’egida di due mamme una della quali di origini Tlingit, una popolazione nativa americana dell’Alaska con influenza culturali Inuit che hanno avuto su di lui un impatto decisivo sia nella proiezione del sé, consentendogli di crescere libero, senza inibizioni e limiti imposti, in stretto contatto con le antiche radici ancestrali sia in termini di influenza di stile fatto di linee semplici permeate da cerchi e triangoli che sono visibili in alcune delle sue creazioni.

Dopo gli studi in silkscreen e printmaking al Centro Culturale Mission di San Francisco, e al Centro del Nuovo Rinascimento di Gilroy mette a fuoco idee e abilità manuali alla famosa Central Saint Martins – University of the Arts di Londra. Da quel momento il mondo dell’arte, dei graffiti, del fashion, della serigrafia e del silkscreen sarà per Daniel un tutt’uno e gli consentirà di permeare le sue creazioni fino a sviluppare una forma d’arte eclettica e trasversale che nasce delle arti visive primarie e si materializza combinandosi con collage e intrecci di tessuti e stampe, con fabbricazione di indumenti ricavati da indumenti riciclati, e accostamenti di stralci di tessuti svariati e colorati come una tela unica e irripetibile con l’utilizzo di colori dorati, argentati e fluo, stesi con l’uso di timbri, serigrafie e stencils con pigmenti di varia natura. 

 

Oltre agli studi che gli consentono di affinare abilità manuali e idee, i viaggi lasciano una segno indelebile nel suo modo di fare arte da passerella. A Londra entra in contatto con i punk il cui manifesto  DIY, Do it yourself, nato inizialmente come contrapposizione all’omologazione di massa partita come rivoluzione contro le major discografiche, tenderà poi ad investire tutti i settori,  fashion compreso che si arricchirà di spille, borchie e toppe. La tappa in Spagna matura invece l’interesse  per la figura del matador che con la sua postura regale e il suo modo di indossare la chaquetilla, i taleguilla con i loro rivetti ma soprattutto i traje de luces, lo conquistano al punto tale da di trarne spunto e “illuminare” le sue creazioni non solo con le paillettes originali di cui sono composti i traje de luces, ma con speciali pigmenti ottici che sotto l’effetto del flash fotografico regalano sorprese inaspettate trasformando abiti colorati in bianco nero dall’effetto sorprendente.  

L’arte di Daniel, esplora anche la sua eredità ebraica e la si può trovare nelle finiture degli abiti per cui per esempio, le decorazioni attorno al collo rappresentano le tavole che Mose ha dato al popolo ebraico con i 10 comandamenti, particolari che possono sfuggire  ad un occhio non attento. 

E mentre le sue creazioni cavalcano le passerelle di Parigi, Londra, Beijing, New York, Los Angeles, Las Vegas, San Francisco e Miami la ricerca di Daniel non si ferma agli stimoli europei, li varca ed ecco arrivare fra le sue mani i kimono, meravigliosi costumi nazionali del Paese del Sol Levante che riesce a rielaborare con tonalità sobrie, ricamate con serigrafie e silkscreen ma dalle finiture colorate nelle ampie maniche che contrastano  nettamente con i toni di base. 

Notevole il pezzo fattomi indossare da Daniel durante il party, uno splendido kimono blu.  Essendo le sue creazioni l’estensione del proprio io Daniel adora vestire il suo pubblico con le sue creazioni secondo gusto personale e analisi del soggetto che ha di fronte perchè Daniel è così:  un vulcanico mosaico composto da mille differenti culture che erutta in modo coinvolgente mischiando colore e tecnica e rendendo innovativo un pezzo della tradizione, qualunque essa sia: inglese, basca , giapponese o ebraica. L’importante, come dice lui: “È saper prendersi i rischi di essere se stessi vestendosi in modo libero e liberi di essere i guerrieri ai quali lui ha fornito le armi”. 

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