La reazione a catena e i colori dirompenti di Anthony Hernandez.

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Talento precoce, Anthony Hernandez ricorda con leggerezza e serenità gli anni trascorsi a l’Havana durante il regime tutt’altro che facile di Fidel Castro: da quando, all’età di 6 anni disegnava per terra, a quando con uno “scooter”, come lo chiama lui, fatto con qualche asse di legno e due ruote recuperate da qualche parte, gironzolava tra il Malecón e la Havana Vieja. Andando a spasso con la mamma per musei, chiese e palazzi, contemplando le linee sinuose nelle opere di Amelia Peláez, la forza vivificatrice nell’arte di René Portocarrero o l’astrattismo di Mario Carreño. Immagini, colore e arte che sono rimaste dentro di lui come espressione intensa della sua storia che è la storia dell’arte cubana, più che mai apprezzata, come dimostrano le varie esposizioni durante la Miami Art Week. Fino ai 12 anni, Anthony ha vissuto con la famiglia che, ribelle al sistema castrista, fu messa in carcere costringendolo ad andare a vivere con lo zio e successivamente con la nonna che tempo prima si era trasferita negli Stati Uniti, a Chicago. Da allora il passo di Antony è stato grande: ha costruito una propria famiglia, si è trasferito in Florida convinto del fatto che ogni cosa è in qualche modo connessa:  “Ogni nostra azione o intenzione, buona o cattiva che sia, è in grado di generare reazioni a catena, nello stesso modo in cui ogni lavoro, su qualsiasi medium, sarà in grado creare connessioni che saranno tramandate di generazione in generazione perchè l’arte e la vita vanno di pari passo non attraverso le condizioni che ci circondano ma attraverso le decisioni prese dal singolo in determinate condizioni”. (“Our actions and our intentions, whether good or bad, create a chain reaction. Each work or piece in any medium I use will carry that message of connection. I always emphasize that art and life go hand in hand; it is about decisions not conditions.)

Entrare nel suo studio, è come entrare in uno studio di quelli che si vedono sulle pagine patinate delle migliori riviste d’arredamento, è un’esperienza dal fattore WOW: ricco di oggetti vintage cubani e americani, antichità curiose, un murales gigantesco, fatto da lui,  che riveste l’intera parete, tele ovunque ed oltre a questo, da buon cubano, macchine d’epoca lucide come fossero modellini, del quale si dice appassionato. “Sono mesi che non le uso: mi basta accenderle, sentire che il motore funziona e va bene così, non ho tempo di portarle a spasso ora, devo dipingere. Dipingo in qualsiasi momento, dormo  molto poco”.

Ho avuto modo di assistere all’esposizione pop-up della sua ultima collezione della serie Masterpieces Series, curata da Lola International Agent, il suo agente, nella Paradise Plaza del Design District, ed il fatto che abbia deciso di scrivere di lui la dice lunga. Lola, parigina d’origine e americana d’adozione con un portafogli di 25 artisti è specializzata in Pop Art e Street Art, cura il lavoro di Anthony da oltre tre anni e si dice molto soddisfatta dei risultati: “L’arte di Anthony è un’arte fresca ed innovativa che si vende molto bene”.

L’arte di Anthony Hernandez è indubbiamente di forte impatto, lo è per le dimensioni e per la particolarità delle sue opere, che ad eccezione della serie Pins on Boards, interamente fatta con puntine da disegno, utilizza prevalentemente olio o acrilico su canvas, con l’utilizzo dirompente dei colori, applicati in svariati modi, dalla pennellata  lunga all’effetto gocciolato.

La serie Colors, ne è l’esempio: tematiche e soggetti differenti, dai ricorrenti artisti contemplati da Anthony in altre serie, a cantanti, nudi di donna, bambini, fino a rappresentare le sole parti del corpo, piedi, mani e orecchie, tutte intrise di colore che, sfumato arriva a demarcare i contorni nitidi dei soggetti.

Addicted è invece una serie provocatoria e liberatoria dal messaggio forte e chiaro: fatevi di colore, fatevi di arte. L’arte attraverso il colore è in grado di colmare il gap delle nostre esistenze. In questa serie l’arte e il soggetto artistico sono immortalati nell’atto di dipendenza attraverso i gesti canonici abitualmente usati da chi si droga: sniffare, farsi in vena, impasticcarsi. L’oggetto che però si sniffa, si inietta e si ingerisce è in questo caso il colore, in ogni sua forma: liquida, in polvere, in compresse, godet. Il colore e l’arte sono  mezzi in grado di cambiare la vita.

Anche nella serie Black and White il soggetto delle opere è molto differente, si compone sia di ritratti che di corpi dalla notevole struttura anatomica. Il significato di Black and White è in realtà più ampio di quanto si potrebbe dedurre. Il bianco si presenta come un elemento dinamico che accompagna l’osservatore verso il nero intenso dell’inchiostro, ossia verso il colore che crea dalla tela bianca e che esprime l’interiorità dell’artista, modulandosi poi nelle infinite tonalità dei grigi, che originano tracce ed emozioni, creando una solidarietà indissolubile tra i due colori bianco e nero. Ad eccezione dell’opera “YAM what YAM” e di “Untitled” tutte le altre opere sono accomunate dalla presenza di foglie. Foglie colorate che sembrano accarezzare il viso e i corpi dei soggetti rappresentati enfatizzandone da un lato la caducità, dall’altro immortalità: l’effimero che si materializza in un gesto immortale.

La sua ultima serie, oggetto della mostra pop-up in Paradise Plaza, è intitolata Masterpieces Series, e si compone -per il momento- di 11 opere in acrilico su canvas dalle dimensioni di 48” x 60” x 2.5’’ (120x 150x 6 cm) dedicate ciascuna ad un grande maestro: Picasso, Vincent Van Gogh, Salvador Dali, Frida Khalo, Jean Michael Basquiat, Keith Haring, Henri Matisse, Gustav Klimt, Georgia O’Keeffe, Jeff Koons e Fernando Botero.  La serie è caratterizzata dal viso e dalle estremità giocati sui toni del bianco, del nero e scala di grigi e dalla corporatura degli artisti in questione ricoperta dal flusso di colori dato dalla rappresentazione delle loro stesse opere, riprodotte da Anthony in un excursus temporale che ne avvolge  interamente il corpo. Anthony vuole in questo modo creare una sorta di legacy, personale innanzitutto ma non solo, con l’artista che secondo il suo punto di vista e a seguito di analisi, studio e ricerche personali ha lasciato un segno indelebile nella cultura artistica di tutti i tempi.

Oltre a questi soggetti conosciuti e legittimati a livello mondiale sono in produzione Belin e Bikismo: due grandi street artists il primo di origine spagnola il secondo di origine portoricana, che si ritroveranno insieme ai più grandi street artists provenienti da tutto il mondo per dipingere un building a Wynwood durante la Miami Art Week in una sede svelata all’ultimo momento e non pubblicizzata.  All’evento prenderà parte anche Anthony che oltre a dipingere su tela dipinge murales. Secondo Anthony c’è una sottile linea di demarcazione tra la mural art e la street art: quest’ultima, nata nei bassofondi newyorkesi con personaggi come Basquiat e Haring, utilizzava i muri come medium dirompenti e creativi per portare alla luce e contestare tematiche sociali, mentre l’arte dei murales ha un dialogo più ampio con il pubblico. Le opere su muro per eccellenza sono pezzi unici di grandi dimensioni che irrompono come fuochi d’artificio pittorici catturando gli occhi spalancati dello spettatore.

 

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