Beatriz González incanta il pubblico in occasione dell’apertura della sua retrospettiva al Pérez Art Museum di Miami la soggettivizzazione dell’arte fra ironia politica e denuncia sociale.

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Il PAMM ha inaugurato la prima, grande retrospettiva dell’artista colombiana Beatriz González: 150 opere composte dal 1960 ad oggi in esposizione dal 18 Aprile al 1 Settembre. Una grande esposizione artistica che vede protagonista il Pérez Art Museum di Miami, impegnato da quarantotto anni (e conosciuto prima del 2013 come MAM: Miami Art Museum) nel promuovere l’arte e l’architettura latino americana, riflettendo le comunità diversificate che la compongono, e promuovendo l’esposizione e l’acquisizione delle opere artistiche per la collezione permanente. Il PAMM ha recentemente acquistato altre due opere dell’artista.

Encajera Almanaque Pielroja.Veermer, 1964 oil on canvas.

Beatrix González nasce nel 1938 a Bucaramanga, Colombia, e vive a Bogotà. È conosciuta come uno dei fondatori della Modern Colombian Art e una delle voci più espressive del dopoguerra in America Latina: la sua ricca palette cromatica evoca la città natale e le immagini pubblicitarie mentre la sua pittura vernacolare rappresenta le tradizioni della cultura colombiana che abilmente combina con ironia e autocoscienza, gettando luce critica sulle nozioni di gusto, classe, genere ed etnia della società colombiana.

Inizia a disegnare quando è ancora bambina, ma la mentalità che considera l’arte un mestiere non al pari della medicina o della giurisprudenza, la spingono ad optare per gli studi di architettura: una facoltà  comunque nobile che lascerà però dopo due anni perchè, per quanto affine, non le suscita l’interesse che  dovrebbe.

Ultima Cena, Graphica Molinari

Si appassiona nel frattempo alla storia dell’arte, soprattutto quella del periodo rinascimentale e quella delle scuole d’arte europee, e incentivata anche dalla volontà del padre di volerle aprire una officina come grafica pubblicitaria, si iscrive al corso di disegno grafico, al termine del quale, con alcune amiche, riesce ad aprire uno studio all’interno dell’università. Sotto la direzione del professor J.Antonio Roda, con estrema oggettività riconosce che le nature morte e la pittura dal vero non fanno per lei e comincia a produrre arte dipingendo in maniera del tutto soggettiva i grandi maestri classici, soprattutto Veermer e Velazquez. 

Fra le prime opere che ricevono il beneplacito del suo insegnante ci sono le opere dei due artisti che riesce ad astrarre con abilità, fra queste: Encajera Almanaque Pielroja (1964), ispirata al dipinto The Lacemaker, di Veermer, e l’opera di Diego Velázquez, The Surrender of Breda, del quale riproduce una versione del particolare in La Redencion de Breda, (1962) e a seguito dei quali, è invitata a presidiare la cattedra di Storia dell’Arte alla facoltà Architettura. Cattedra che rifiuta per potersi dedicare totalmente all’arte.  

Telon de la móvil y cambiante naturaleza, 1978, acrylic on fabric

Nel tempo, non disdegnerà neppure Renoir di cui compone un’opera in vendita a centimetro (10 metros de Renoir, 1977) e Manet, con il quale dà inizio ad un periodo di composizione su grandi formati che inaugura con l’opera Telon de la móvil y cambiante naturaleza, composto per la Biennale di Venezia nel 1978 su due grandi teli, e basata su Le déjouner sur l’herbe de Manet. Anche Goya ha esercitato un certo fascino su Beatrix González, non tanto per la pittura in sè, quanto piuttosto per il ruolo di pittore di corte al quale si è ispirata per il suo concetto di arte da cortina come la definisce lei, nella rappresentazione delle opere politiche, curate nei titoli con sagace ironia. Fra i suoi soggetti preferiti ritrae il venticinquesimo presidente colombiano Julio Cesar Turbay Aiala, la cui vanità nell’essere immortalato dalla macchina fotografica le da modo di copiare alcune immagini del presidente e dei suoi seguaci in un clima di totale falsità. È una fotografia scattata durante una festa del presidente a suscitare l’interesse di Beatrix che riproduce a suo modo con una litografia, su una tenda pensando che in fin dei conti il processo non fosse molto diverso rispetto alla riproduzione sui mobili precedente. Fra gli altri presidenti ritrae Carlos Lleras Restrepo e Belisario Betancourt (Sr. Presidente qué honor estar con usted en este momento historico, 1986 e Los papayagos con il quale apre il vaso di Pandora denunciando i problemi legati al narcotraffico, alla corruzione politica colombiana e l’attacco dell’organizzazione di guerriglia insurrezionale rivoluzionaria di  sinistra chiamata Movimento 19 (M19). 

Sr. Presidente qué honor estar con usted en este momento historico,1987, oil on paper.

Negli anni ’70 comincia a lavorare sui mobili di basso costo nella quale si imbatte nell’accompagnare il marito dal rigattiere. Le opere sui mobili sono essenzialmente composte da lastre di metallo dipinte a smalto con immagini che si rifanno ai grandi classici dell’arte, fra queste prima su tutte il letto Naturaleza casi muerta (1970) e Gratia plena (tocador),del 1971 in lamina di acciaio con smalto ed elementi di decoro che richiamano il legno: Una mera riproduzione di basso costo dei prodotti di qualità occidentali che rappresentano la farsa della società colombiana messa in atto sulla base di quel che si ostenta di avere e non per quel che realmente si ha. 

Comincia inoltre a lavorare a screenprint su carta per immagini tipiche a denuncia della classe borghese colombiana nella quale il nucleo famigliare posa vestito di nero orgoglioso dell’avere due suore e un soldato in famiglia (Ya llegó la feccia II, 1979).  

Gratia Plena (tocador) 1971, enamel on metal sheet assembled on vanity.

La pittura astratta è un tema caro a Beatriz González che la accomuna a quella che sono in quegli anni i lavori di Fernando Botero, che confesserà essere stato il suo ispiratore nella Colombia artistica all’ombra dell’arte occidentale, e del quale dice: “Era il mago al quale adeguare il pastello”.  

L’arte della González si diversifica in seguito da quella di Botero quando arriva il suo momento glorioso che la porta a riprodurre in maniera del tutto personale l’immagine di una fotografia di piccole dimensioni (5×5 inches), in cui compaiono un uomo e una donna sorridenti con un mazzo di fiori: Los Suicidios del Sisga, del 1965, la sua opera più famosa, poi riprodotta in diverse varianti. La fotografia è stata scattata su commissione dai due giovani agricoltori prima di suicidarsi per dichiarare la purezza del loro amore incontaminato. Una storia molto triste attraverso la quale l’arte di Beatriz González prende il volo nella scena artistica colombiana e che l‘aiuta a mettere a fuoco l’idea di voler rappresentare opere legate alla morte ed alle disgrazie, che connota però, quasi in antitesi con il tema, di colori molto accesi. 

Colori estremamente vivi, con accostamenti audaci tipici della grafica e stesi con campiture piatte nelle quali è lo stesso colore che dona corporeità ai soggetti. L’idea delle campiture piatte nasce nell’artista a seguito dell’analisi delle immagini dei giornale (il periodico di Bucaramanga e la rivista Life, edizione latino-americana) di scarsa qualità grafica, che ritaglia, conserva e copia con precisione su scale differenti, e dalla visione della Sagrada Familia di Antoni Gaudì a Barcellona: un’opera architettonica molto complessa che risulta però nell’insieme omogeneamente gialla. Negli anni ’70 Beatrix González compone opere ispirate ai reali di Inghilterra, La reina Isabel se passa por el puente de Boyacá, 1968, e La actualidad ilustrada, 1973.

La critica le definirà in seguito opere pop indicando Beatrix Gonzalez la prima artista pop colombiana, etichetta che lei rifiuterà dicendo di non essersi mai sentita un’artista, indicando i colori come un semplice  omaggio alla sua città di nascita, Bucaramanga combinati alla voglia di originalità. In termini temporali, inoltre, Beatrix González ha conosciuto le opere di alcuni artisti della Pop Art, fra i quali Indiana, Rosenquist e Oldenburg, solo dopo un viaggio in Olanda avvenuto a posteriori.  

Los Suicidios del Sisga, 1965, oil on canvas

L’arte dell’artista colombiana subisce una forte virata con campiture piatte dai colori cupi e scuri dopo gli anni  de La Violencia colombiana: un periodo brutale caratterizzato da forti scontri fra i sostenitori del Partito Liberale e quelli del Partito Conservatore a seguito dei quali morirono oltre 200.000 persone. Beatrix González negli anni ’80 partecipa attivamente alla causa denunciando temi di natura sociale che si rifanno ad anni di corruzione, frammentazione politica e violenza con una portata sociale ancora più vasta del dramma colombiano, che arriva ad inglobare problematiche relative alla distruzione del villaggio indigeno di Wiwa, degli sfollati e dei rifugiati del Venezuela. Anni di soprusi e violenze ritratte con fattezze umane di corpi inermi coperti da fazzoletti (Los Predicadores, 2000) o che scorrono lungo il fiume (La corriete, 1992). Immagini che, come in un film di Michelangelo Antonioni scorrono piccole soffermandosi sui visi della gente che si copre gli occhi (La delicia, 12 e 14), su visi di madri a cui sono stati rapiti i figli (Sin titulo) o su di lei che nuda (l’onestà intellettuale nel riportare gli eventi) si porta le mani alla testa disperata (Autorretrato desnuda llorando, 1997). 

L’opera più grande di Beatriz González è l’opera d’arte Auras Anónimas, composta nel 2009 quando una sera la luce della luna le ha messo in risalto i loculi del Cimitero Centrale di Bogotà, dismesso nel 2005 e composto da sei edifici neoclassici, per un totale di 8957 loculi, nei quali un tempo venivano messi i defunti. Gli edifici sono oggi oggetto di discussione per l’approvazione di un progetto che prevede la loro demolizione in favore di un campo da calcio. Beatrix ha voluto, oltre che ricordare i morti per La Violencia colombiana, sensibilizzare l’opinione pubblica in favore del loro mantenimento e con l’aiuto dell’allieva Doris Salcedo, ha ricoperto ogni loculo con una delle otto serigrafie differenti composte a carboncino, in cui compaiono silhouette nere di persone che portano i cadaveri attorno ad un bastone portato a spalla al campo santo durante le sommosse..

L’esposizione include anche lavori più recenti ispirati alle problematiche personali più leggere fra le quali Duelo col cellular, del 2018: un chiaro riferimento all’utilizzo del digitale.

Dopo aver avuto la possibilità di vedere in anteprima e con assoluta calma l’esposizione ben distribuita, nella quale è possibile fare un excursus sia sui medium che sulle differenti tecnica utilizzata durante i sessant’anni di attività di Beatrix González, i visitatori hanno partecipato all’incontro che ha visto protagonisti l’artista ottantunenne, la curatrice del Museum of Fine Arts di Houston che è anche la direttrice dell’International Center for the Arts of the Americas all’MFA di Houston e il capo curatore del PAMM, Tobias Ostrader che hanno intervistato la gioviale artista in maniera molto familiare mettendo a fuoco con lei i punti nevralgici e i passaggi che hanno scandito le fasi della sua carriera, deliziando gli ospiti. Un altro grande passo per il PAMM Museum che con il suo direttore Franklyn Sirmans ha ringraziato Jorge Perez, presente all’evento e tutti gli ospiti che hanno contribuito a sostenere  l’esposizione con contributi e donazioni.

Auras Anónimas, 2009, Cemeterio national de Bogotà

E per la domanda relativa a quanto l’arte pittorica possa essere in pericolo in un mondo tutto al digitale Beatrix González risponde che ogni epoca ha un ciclo e neppure la fotografia è riuscita a debellare la litografia, nello stesso modo l’arte sarà continuamente materia di stimolo sul quale lavorare per rinnovare la cultura.

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