All’insegna del bianco e nero: La Directed Art Modern gallery (D.A.M.) di Miami inaugura Μονόχρωμος (Monokhromos).

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The Directed Art Modern (D.A.M) ha presentato Μονόχρωμος (Monokhromos) l’esposizione collettiva di B.L. Jesseph, Rob Anderson e Franck de las Mercedes. Il titolo monokhromos si riferisce al fatto che per dare risalto ai messaggi universali contenuti nelle loro opere gli artisti hanno scelto di realizzare opere in bianco, nero (e loro sfumature) senza l’utilizzo di altri colori che avrebbero inevitabilmente denaturato l’elemento principe dei lavori: il messaggio. Il risultato che ne deriva è che le opere esposte consentono di mettere a fuoco verità e speranze su scala personale e universale, rappresentate in maniera pura. 

B.L.Jesseph, 2019, DAM Miami.

Se Rob Anderson e Franck de Las Mercedes lavorano anche con i colori, B. L. Jesseph lavorano abitualmente in bianco e nero, in quanto secondo la loro opinione: “Il colore pone dei limiti, distrae. Viviamo in un mondo grigio, per questo motivo navighiamo tra il bianco e il nero, sperando di trovare risposte attraverso l’arte”. La loro tecnica artistica è molto interessante ed applica la tattoo art alla carta. Attraverso l’utilizzo di aghi estremamente piccoli incidono infatti, letteralmente, la carta (una carta particolare, in cotone 100%) fino a creare incredibili effetti dalla resa, quasi tessile. Così mentre i loro piccoli tasselli appaiono in lontananza come equilibrato gioco di geometrie, da vicino mettono in risalto la splendida elaborazione della trama dell’opera, raffinata ed eccentrica. Dopo aver terminato gli studi in North Carolina, L.B.Jesseph, innamorati delle culture differenti hanno insegnato inglese in Cina, dove hanno ottenuto una personale nel 2013, per finire a lavorare in un bar a Berlino, dove grazie al fidanzato della coinquilina hanno conosciuto la tattoo art. Affascinata dall’ago –tattoo machine, in gergo- hanno cominciato facendo pratica su amici e parenti, senza una licenza ufficiale da tatuatori -come ci tengono a sottolineare – giusto per divertirsi e racimolare qualche soldo, insicuri del fatto che l’arte del tattoo sarebbe stata la sua strada. Ed è per caso che hanno provato a combinare acquaforte (la disciplina con cui si sono specializzata al college) alla machine-gun della tattoo art, provando a incidere inchiostro su carta. Dopo due anni di ricerche ed approfondimenti, B.L. Jesseph espongono ora al DAM, senza tutte le risposte che gli sarebbe piaciuto dare, ma ancora in cerca del perfezionamento di una tecnica che solo loro, al momento, praticano.  

Franck de la Mercedes, 2019, DAM Miami

Sono entrambe di New York sia Frank de la Mercedes che Rob Anderson, entrambe inspirati in modo diverso dai graffiti e dalla città ma il loro approccio è molto differente. L’arte di Franck de Las Mercedes attraversa i canali del propri vissuto per mettere in risalto temi legati all’infanzia trascorsa durante gli anni della guerra in Nicaragua, con i genitori che lavoravano su fronti diversi e che hanno creato in lui un senso di precarietà. Nei suoi lavori incorpora elementi di fotografia, disegno e collage con i quali crea opere frenetiche. Sulla scia dell’infanzia e del rapporto conflittuale (vissuto in modo differente) con i genitori crea le sue opere come fossero un dittico tra il passato  -l’età dell’innocenza- e il presente -l’età adulta. Il passato e le sue dinamiche si mescolano con il presente in un filo più o meno sottile che mette in evidenza le variazioni di pensiero, di idee e di capacità di affrontare le problematiche e le sofferenze proprie e degli altri. Originario del Nicaragua le sue opere sono esposte in gallerie pubbliche e private ia livello internazionale. Ha partecipato al The Fabergé Big Egg Hunt di New York, mentre nel 2015 è stato nominato fra i “15 Artists About to Dominate” dalla rivista Complex.

Ron Anderson, 2019, DAM Miami

 

Il dualismo di de la Mercedes lascia spazio alle opere di Rob Anderson che richiamano inevitabilmente alla mente i graffiti di Keith Haring. In maniera del tutto soggettiva però Anderson rappresenta le interconnessioni -letterali e metaforiche- fra architettura e vita, oggetti, gente e luoghi che sono rappresentati non in maniera casuale ma come perfettamente adempienti le verità secondo le quali tutto è in connessione. Cresciuto nel Queens, a New York City, città a cui si ispira la sua arte, Anderson trova il suo stile a concerti e festival, dove si presenta con colori e rullo di carta e per ore e ore si fa guidare dalla musica, dalla folla e delle sensazioni in quel momento provate, riempiendo il medium. Tutta la sua arte si basa sul senso di vivere il presente in modo totale e con spensieratezza. L’architettura e le tradizioni sono fonte di ispirazione anche quando viaggia. È infatti durante un viaggio in Ungheria, con la famiglia, che decide di rendere onore alla figura del pastore: un ruolo di massima importanza nel folklore ungherese. Il pastore di Anderson è visto come il paladino protettore dell’arte, con in mano un globo che la rappresenta il potere e il pericolo che ne deriva, infatti dichiara: “Ho deciso di dargli in mano un holy-grail (globo): perchè rappresenta l’importanza che l’arte ha nel mondo. L’arte, come il mondo, va protetta come fosse una sfera preziosa. Una sua rottura implicherebbe la fine del mondo.”.

Con questa esposizione in mostra fino aI 24 luglio, The Directed Art Modern (D.A.M) gallery riconferma la sua missione al servizio degli artisti. Grazie all’esperienza trentennale del suo curatore il DAM si propone di operare in favore degli artisti, togliendo l’arte dal trend che la vuole per mera vanità, in funzione dell’artista  come  ricompensa per la propria creatività. Solo si può dare loro la possibilità di coltivare la propria arte e la propria visione, tenendola lontano dal concetto di essere esclusivamente una macchina per fare business. 

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